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L’Amore ai tempi della “procura”.

 





Dopo qualche settimana di pausa dovuta a motivi personali e contingenti, eccoci nuovamente qui, per non perderci e non perdere quel filo conduttore che crea, o almeno si spera dovrebbe creare, il giusto legame emotivo con il lettore.

Prendendo spunto da quello che è stato uno dei temi più tristemente discussi negli ultimi giorni, ossia la scomparsa della ragazza Pakistana Saman, che la sua famiglia voleva costringere ad un matrimonio combinato, sono riaffiorate nella mia mente delle vecchie storie di paese che le nonne avevano l’abitudine di raccontare.

Non dovremmo scandalizzarci molto, nell’apprendere che ancora oggi in alcune comunità e ambienti esistono matrimoni che avvengono per accordi presi tra le famiglie, perché in Calabria e in generale nel sud Italia, è stata una realtà per diversi decenni. Sono molte infatti le storie di matrimoni forzati o avvenuti per procura durante gli anni 50 60 e 70, perlopiù tra uomini che emigravano in terre lontane e le donne dei loro paesi di origine.

Provate ad immaginare come ci si poteva sentire spaesati in una terra lontana, e non solo nel senso della distanza vera e propria dal luogo natio, ma soprattutto per quelle che erano le tradizioni, la lingua e la cultura.

Sicuramente non era per niente semplice accorciare la distanza culturale e riuscire ad instaurare relazioni amorose e amicali, anzi spesso risultava essere difficile se non impossibile. E così si finiva per socializzare e creare gruppo solo con i propri connazionali.

La solitudine, la nostalgia e i ricordi cominciavano a scavare nell’animo di chi, oltre al lavoro e un pezzo di pane, voleva avere accanto a se una persona da amare e con la quale mettere su famiglia. A questo punto, allora, entrava in gioco la complicità di familiari, comari e compari, sacerdoti e amici che si prodigavano per la famosa “imbasciata” con la brava ragazza da maritare.

Cominciava lo scambio di foto e lettere con le quali ci si cominciava a conoscere e a fantasticare sull’inizio di una vita insieme.  Quanta forza emotiva ed erotizzante doveva contenere questo contesto, che oggi ci potrebbe sembrare surreale, potrebbe quasi farci sorridere, eppure quando i due amanti di penna arrivavano a vedersi fisicamente, il coinvolgimento mentale ed emozionale doveva essere tale da far sembrare ad entrambi di conoscersi da tempo.

Quante aspettative si riponevano in una foto e nelle parole di una lettera che per giungere, attraversavano terre e mari e impiegavano un tempo infinito. Quanta trepidazione all’arrivo di ogni riga da leggere con il cuore in gola e che ogni volta conteneva un elemento in più, una maglia in più che si aggiungeva a quella catena che avrebbe unito, prima o poi, due persone distanti.

Aspettative che spesso magari nascevano da esigenze diverse, la voglia di scappare dalla casa paterna da parte di lei e il sogno di una vita migliore; e forse la speranza di trovare una brava donna, da parte di lui, che riempisse quelle giornate di solitudine e fosse moglie, madre e amica per la vita.

Una volta avvenuto il matrimonio per procura, il più delle volte senza conoscersi di persona, spesso vi erano delle spiacevoli sorprese dovute a foto non veritiere, età nascosta da parte dell’uno o dell’altro, o magari mancava quell’illibatezza che era prerogativa della serietà di una donna.

Beh…avete presente il film “Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata” con Alberto Sordi e Claudia Cardinale? È sicuramente uno spaccato di quello che spesso avveniva in quel periodo storico, di ciò che era l’Italia nel periodo del cosiddetto boom economico e delle realtà dei paesi del Sud.  

Eppure molte coppie che in quegli anni si sposarono per procura hanno vissuto una vita felice e duratura insieme, per molte altre, magari sarà stato difficile, traumatico, anche perché tornare indietro da un matrimonio risultava alquanto difficile. Era impensabile che dopo aver affrontato un viaggio interminabile, a volte durato anche un mese, una giovane donna, trovatasi difronte al proprio marito avesse facoltà di mandare tutto all’aria e tornare indietro. Sicuramente i familiari non l’avrebbero accolta nuovamente in casa, e poi volete mettere a “vrigogna”? Si la vergogna che avrebbe provato tutta la famiglia, quel sentimento che fa da padrone e condiziona oltremodo la nostra cultura meridionale.

No, non era semplice e sicuramente lo aveva intuito quella giovane donna del nostro paesello che provò in qualche modo a ribellarsi a tutto ciò, e forse anche a difendere la propria dignità e il proprio amore.  Giunta in terra lontana dall’uomo che aveva sposato, non perché lo amasse, ma per volontà delle famiglie, vuoi perché fosse innamorata di un giovane del suo paese, vuoi perché proprio non ce la faceva a condividere il talamo con una persona molto più grande di lei, si rifiutò e si ribellò a tutto questo e purtroppo pagò con la propria vita.

Quante storie belle e brutte se scaviamo nel passato ci riportano ad un mondo che per tanti versi non è diverso da allora.

Oggi ci si affida ad internet e ai social per conoscere persone, per condividere stati d’animo, passioni. Basta un clic, per aprire e chiudere una relazione, senza lo scambio di uno sguardo o di un gesto che possa trasmettere delle sensazioni. E quindi il web diviene strumento che accorcia le distanze chilometriche, ma aumenta terribilmente quelle emozionali, quasi avessimo bisogno di uno schermo per evitare sofferenze o quant’altro e per proteggerci cautelativamente da quelle che, chiamale se vuoi…EMOZIONI.

Commenti

  1. Complimenti all'autrice i suoi articoli potrebbero sembrare rivolti esclusivamente a una platea di lettrici ma riesce a coinvolgere incuriosire e far riflettere anche il lettore maschile

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